Posts written by Dingo Tiny

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    Ave o maestro.
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    CITAZIONE (RashFaustinho @ 1/3/2024, 11:56) 
    CITAZIONE (TheMayor98 @ 1/3/2024, 11:53) 
    Un nuovo Spyro 4 o Crash 5 potrebbero essere affidati a un altro sviluppatore in corso d'opera senza cancellarli per forza, o no?

    Secondo te, se l'intenzione di Microsoft era fare due giochi del genere, avrebbero mai costretto TFB a scappare?

    Non c'è nulla in cantiere, non è catastrofismo ma è logica...

    Appunto. Come ho detto nell'altro topic, mettetevi l'anima in pace perché un segnale più chiaro di questo su quanto tengano alle due serie non potevano darlo.
    Per questa generazione abbiamo già dato probabilmente pure nel migliore dei casi, a meno di sorprese davvero clamorose.
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    Penso che ti puoi mettere tranquillamente l'anima in pace, detto senza mezzi termini.
    L'uscita di Toys for Bob, studio che si occupava di Crash e Spyro, rende esplicito per associazione anche quanto Microsoft tenga in considerazione le due IP.
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    Ufficialmente chiuso il supporto a Rumble, com'era immaginabile.
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    Comunque quando LuigiDX ha ragione ha ragione e lo dico.
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    Per Crash e Spyro finisce qui. Di sicuro il futuro non sarà con TFB, sempre che ci sia un futuro. Rumble chiuderà a breve.

    CITAZIONE
    And while we’re in the early days of developing our next new game and a ways away from making any announcements

    Questa dichiarazione è piuttosto chiara sul fatto che stanno sviluppando un nuovo progetto da zero, il che implica la cancellazione di tutto quello che stavano facendo.
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    www.toysforbob.com/blog/2024/WereGoingIndie
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    www.toysforbob.com/blog/2024/WereGoingIndie
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    Tra qualche anno lo sapremo.
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    Inevitabile dopo i recenti dati finanziari e le dichiarazioni di Totoki di un paio di settimane fa. Se i margini sono ridotti e il mercato è strutturalmente stagnante, si può solo ridurre i costi per andare avanti. L'apertura verso il PC può aiutare, ma tra licenziamenti di massa e studi chiusi, in tutta l'industria si fatica a trovare la formula vincente. Con questo andazzo non so come si possa fare in futuro, forse si possono trovare nuove risorse in un utilizzo più massiccio dell'IA ma non mi trovo molto favorevole.

    Comunque, oltre a trovare le novità purtroppo coerenti con lo stato attuale del settore, mi sembrano anche decisamente in linea con le nuove strategie che animeranno il post Ryan. Se ci riflettete, Ryan aveva cercato di trarre nuova linfa dallo sviluppo di numerosi live service, per non dire troppi, supponendo che ormai il mondo dei videogiochi fosse orientato in quella direzione. Tutti hanno sempre ritenuto che fosse una strada troppo rischiosa da percorrere, oltre che in contrasto con la stessa immagine di Playstation, e sicuramente questo ha influito nella scelta di destituirlo come CEO.
    Ora la nuova dirigenza sta semplicemente cercando un nuovo equilibrio, e questo passa anche per il ridimensionamento dell'avventato piano precedente. Era impossibile che tutti i live service in sviluppo avessero il potenziale per farsi spazio all'interno di un panorama affollatissimo, e qualcuno ne ha fatto le spese: London Studio ora che Sony punta poco sulle periferiche non ha un curriculum adeguato ed è sacrificabile; per Firesprite il ragionamento non è poi tanto diverso. Non mi stupirebbe se qualche altro progetto saltato fosse riconducibile alla stessa strategia.
    Per il resto, mi auguro che le prossime notizie siano più felici.
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    La teoria del complotto

    Non è che sia stato ucciso di colpo, ma i contenuti generati dagli utenti sarebbero stati gradualmente spodestati da una valanga di materiale fasullo. Non è un caso che questa teoria, che si è fatta largo anche su Reddit e su YouTube, individui la "morte di internet" attorno al 2016. È proprio in quel periodo, infatti, che il grande pubblico ha iniziato ad avere dimestichezza con l'operato delle cosiddette fabbriche di troll (che cercavano di influenzare l'opinione pubblica anche attraverso il massiccio ricorso di bot), con l'impatto potenziale delle fake news e anche con i video manipolati tramite la tecnologia dei deep fake.

    La "dead internet theory" (com'è nota in lingua inglese) si spinge però molto più in là, sostenendo che un esercito di intelligenze artificiali progettate proprio a questo scopo sia ormai l'unico responsabile dei contenuti presenti online. Il tutto sarebbe parte di un enorme piano di propaganda governativa, volto - come già con lo scie chimiche e il 5G - ad annebbiare il cervello della popolazione e renderlo più controllabile.

    Le prove di questa cospirazione sarebbero i post tutti uguali che si ripetono su internet (pensate alla marea di "dimmi che sei di Milano senza dirmi che sei di Milano", o simili), i politici che sui social ripetono in massa, parola per parola, quanto già detto dai colleghi di partito o i vari trend virali che spronano gli utenti a pubblicare contenuti estremamente simili tra loro.

    Molto più ragionevolmente la ragione di tutto ciò non va ricercata in un complotto governativo, ma nella spinta all'omogeneizzazione provocata dai social. Insomma, nonostante la moltiplicazione dei bot che diffondono contenuti creati automaticamente, la teoria sulla morte di internet rappresenta l'ennesima assurdità partorita sul web. O forse sarebbe meglio dire che rappresentava un'assurdità, perché negli ultimi mesi questa teoria complottista si sta rivelando sempre più simile a una profezia.

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    Contenuti generati dall'AI

    Per quanto non si tratti di un'oscura trama dei soliti "poteri forti" che agitano i sonni dei complottisti, è innegabile che negli ultimi mesi i contenuti automatici generati dalle intelligenze artificiali - e in particolar modo dai large language model in stile ChatGpt - abbiano iniziato a diffondersi in maniera incontrollata. Peggio ancora: questi contenuti stanno cannibalizzando il web, dando vita a un circolo vizioso che potrebbe, col tempo, effettivamente uccidere la rete, seppellendo i contenuti creati dagli esseri umani sotto una marea di materiale artificiale e addirittura disincentivando la creazione di contenuti originali di ogni tipo.

    Le modalità con cui questo fenomeno si sta verificando sono varie. Per esempio, la possibilità di impiegare sistemi come ChatGpt per produrre in tempi rapidissimi una marea di testi sta facendo la fortuna economica delle cosiddette AI content farms: vere e proprie fabbriche di contenuti generati tramite intelligenza artificiale, in grado di pubblicare enormi quantità di articoli rielaborando automaticamente i testi e le notizie già presenti online.

    È il caso di siti come Worldtimestoday.com o WatchdogWire, in cui un singolo "autore" arriva a pubblicare anche centinaia di articoli al giorno grazie all'AI. Secondo una ricerca condotta da Newsguard, questi siti spazzatura non stanno solo inondando il web, ma si stanno rivelando delle macchine da soldi: "Sembra che la pubblicità organica sia la principale fonte d'introiti di questi siti web creati con l'intelligenza artificiale - ha spiegato l'analista di NewsGuard Lorenzo Arvanitis -. Abbiamo identificato centinaia di aziende presenti su Fortune 500 o brand molto noti che fanno pubblicità su questi siti, supportandoli inconsapevolmente".

    Che si tratti di realtà professionali si capisce anche analizzando l'attività di alcune di esse. Un gruppo editoriale chiamato Gamurs Group e specializzato in videogiochi vanta per esempio 17 pubblicazioni e 66 milioni di lettori al mese. Recentemente ha pubblicato un annuncio di lavoro su Linkedin per un "AI editor" che ha il compito di scrivere "tra i 200 e i 250 articoli alla settimana". Ovvero circa 30/40 al giorno, festivi compresi.

    Traduzioni automatiche

    La quantità di contenuti generati automaticamente potrebbe però essere ancora più ampia del previsto. Secondo uno studio condotto dal ricercatore dell'Università della California Mehak Dhaliwal, il 57,1% dei testi presenti sull'intero world wide web sarebbero traduzioni. Di queste, una larghissima parte sarebbe costituita da traduzioni multilingue (quindi in due o più lingue) fatte utilizzando sistemi di traduzione automatica, allo scopo di popolare la rete anche con contenuti scritti nelle lingue meno presenti sul web.

    Messa così potrebbe sembrare un'intenzione nobile, se non fosse che - come spiega sempre Dhaliwal - "maggiore è il numero di lingue in cui una frase è stata tradotta, minore è la qualità della traduzione". Non solo perché le traduzioni automatiche nelle lingue meno diffuse sono notoriamente poco efficaci, ma anche perché, di traduzione in traduzione, il risultato peggiora progressivamente.

    Non è tutto: "La gran parte di queste traduzioni proviene da articoli che definiamo di bassa qualità e che richiedono poca o nessuna competenza per essere creati", prosegue Dhaliwal. Si tratta insomma dei classici articoli clickbait ("sei trucchi per essere felici", "come farsi apprezzare dal capo" e simili), tradotti automaticamente in un'enorme quantità di lingue per popolare siti che hanno il solo scopo di generare traffico e quindi guadagnare con la pubblicità.

    Il fatto che la maggioranza dei testi in lingue poco presenti sul web sia creata tramite traduzioni automatiche provoca però un circolo vizioso. Se per esempio volessimo creare un large language model in lingua Swahili, dovremmo usare per il suo addestramento i testi in questa lingua presenti sul web. Se però questi sono, a causa delle traduzioni automatiche in larga parte di scarsa qualità, allora ne risulterebbe compromesso lo sviluppo del large language model. Inoltre questo contribuirebbe ad aumentare il già crescente divario digitale tra le diverse aree del mondo.

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    Wikipedia e Amazon

    Anche le realtà che hanno fatto la storia di internet non sono immuni a questo fenomeno. Infatti, se analizziamo quali siano le lingue più diffuse su Wikipedia, si scopre un risultato sorprendente: dopo l'inglese, la seconda lingua più presente è il cebuano, parlato nel sud delle Filippine da circa 20 milioni di persone. La ragione è legata a un bot, creato da uno sviluppatore svedese sposato con una donna filippina, che per anni ha tradotto in automatico una marea di brevi articoli scarsamente informativi pubblicandoli poi nella versione cebuana di Wikipedia.

    E che dire di Amazon, invaso da una tale quantità di libri scritti da sistemi di intelligenza artificiale - spesso senza che sia nemmeno esplicitato - da costringere l'azienda fondata da Jeff Bezos a impedire agli autori di pubblicare più di tre libri al giorno (quantità comunque decisamente generosa)? Anche in questo caso, la logica è quella della pesca a strascico: pubblicare centinaia di pseudo-libri può rappresentare una notevole fonte di guadagno anche se le vendite di ciascuno fossero limitatissime.

    Macchina delle risposte

    Il caso in prospettiva più allarmante è però quello di Google, che sfruttando i suoi sistemi di intelligenza artificiale generativa (come il recente Gemini) si sta trasformando da motore di ricerca in "macchina delle risposte". Invece di indirizzare l'utente verso i siti web più adatti alle richieste, Google sta infatti prendendo la forma di un oracolo-intelligenza artificiale che fornisce direttamente le risposte, rielaborando i testi già presenti in rete.

    Per esempio, se cerchiamo informazioni sui migliori computer economici, la versione beta del nuovo motore di ricerca di Google sfrutta il materiale proveniente da vari siti specializzati per generare integralmente il risultato (e lo stesso vale per biografie di personaggi storici, informazioni economiche, recensioni di videogiochi e curiosità di ogni tipo), limitandosi a mostrare in un angolo alcuni dei link utilizzati per crearlo.

    Tutto ciò, inevitabilmente, significa che la stragrande maggioranza degli utenti non cliccherà più su nessun link, limitandosi a consultare il testo generato dal motore di ricerca: "L'obiettivo di Google è fornire una ricerca 'zero-click', che sfrutta le informazioni delle testate e degli autori che impiegano tempo e fatica per creare contenuti senza offrire loro nessun beneficio", ha spiegato a Cnbc il Ceo di TechRaptor, Rutledge Dauguette.

    C'è una via d'uscita?

    Come segnala James Vincent su The Verge, la situazione sta talmente sfuggendo di mano da potersi rivelare un'opportunità: "Anche se il web è effettivamente inondato di spazzatura creata dalla AI, non è detto che ciò sia un male. Se Google ci fornisce costantemente dei pessimi risultati durante le nostre ricerche, potremmo essere più inclini a pagare per visitare direttamente le fonti di cui ci fidiamo".

    Allo stesso tempo, se Amazon diventa un ricettacolo di pseudo-saggi scritti da ChatGpt, potremo essere incentivati a fare acquisti su un libreria online che filtra con maggiore attenzione i libri messi in vendita (o magari in una libreria vera e propria). Se i blog di viaggi diventano tutti identici ("Le 10 cose da non perdere se vai a New York"), potremmo essere incentivati a iscriverci a una newsletter a pagamento che offre consigli realmente interessanti (o magari a comprare una Lonely Planet).

    Se anche questa speranza si rivelasse fondata, una cosa è certa: il web per come lo conoscevamo - di massa, aperto a tutti, generato anche dagli utenti e in larga parte gratuito - sta morendo davanti ai nostri occhi. Ucciso dalle intelligenze artificiali. Esattamente come aveva previsto la teoria del complotto.

    Fonte: Wired
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    CITAZIONE (TomRus47 @ 20/2/2024, 22:14) 
    In realtà pure io trovo il 2 il peggiore del trio, si respira un'aria completamente diversa rispetto al primo o al terzo, con molti livelli poco ispirati e compiti secondari piuttosto noiosi o proprio fastidiosi.

    Curiosamente è quello che penso del terzo.
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    CITAZIONE (cortex300 @ 24/2/2024, 11:13) 
    CITAZIONE (TheMayor98 @ 24/2/2024, 08:41) 
    Usciranno pure giochi tutti i giorni ma nulla di interessante evidentemente... altrimenti anche qui sullo zone ogni giorno avremmo cose da dire... e invece così non è.

    Solo perchè non ne parliamo non vuol dire che non valgono la pena eh, ci sono gemme nascoste storiche che non sempre se ne parla qui (cavolo mica si parla abbastanza di Pandemonium, per dire).

    Ma anche più recenti, senza scomodare la storia. Più che altro, nonostante tutto, il pubblico generalista difficilmente guarda oltre le uscite principali, e anche per noi che lo facciamo è difficile comprare tutti lo stesso gioco e ritrovarsi a parlarne. Abbiamo gusti e interessi diversi, e siamo in un periodo in cui chi cerca trova.

    Comunque Mayor io capisco perfettamente cosa vuoi dire: è evidente, per esempio, che si potesse sviluppare Persona 6 al posto del remake di Persona 3, o che si potesse creare un nuovo Silent Hill al posto del remake, o che la serie remake di Resident Evil abbia tolto spazio ad altro. Però davvero, quest'operazione qui mi sembra davvero tra le meno indicate per sollevare una polemica del genere.
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    In linea di massima sono d'accordo con Mayor, nemmeno io apprezzo i remake. Sono progetti facili per monetizzare: essendo l'effetto nostalgia sempre forte e avendo giochi strutturalmente funzionanti a cui attingere, si riduce notevolmente il rischio e si ottiene il massimo risultato col minimo sforzo. Se poi le vendite sono così buone da far ragionare lo sviluppatore su un possibile nuovo gioco, è una conseguenza più fortuita che desiderata.
    Detto questo Epic Mickey ai tempi dell'uscita fu un gioco piuttosto chiacchierato e godette di una certa popolarità, tanto da avere uno sfortunato seguito. Potremmo parlare in qualche modo di un piccolo cult, rimasto confinato su Wii fino a oggi e quindi anche un po' dimenticato. Non ci ho mai giocato proprio per via dell'esclusività, ma ricordo, come ha detto piat, che alcuni dei difetti del gioco fossero di natura tecnica e quindi risolvibili.
    Di tanti remake di cui ci si potrebbe ragionevolmente lamentare, trovo che questo abbia un suo senso.
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