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L'indagine avviata dal procuratore di New York a cui collaborano anche altri 8 stati: "Soffocata la concorrenza e messi in pericolo i dati dei consumatori". Anche Google nel mirino
Si stringe il cerchio di pressioni intorno ai giganti tecnologici americani. Wall Street prende nota e si preoccupa, penalizzando il titolo di Facebook. Già sotto la lente federale, il social network finisce nel mirino anche dei procuratori generali di diversi Stati americani, insieme al motore di ricerca Google: i procuratori vogliono far luce sugli effetti della loro posizione dominante in termini di concorrenza e tutela dei consumatori.
L'ufficialità dell'azione contro Facebook è stata data da Letitia James, procuratrice generale di New York, al cui fianco si schierano i colleghi di Colorado, Florida, Iowa, Nebraska, North Carolina, Ohio, Tennessee e District of Columbia. Una truppa destinata a crescere. Ancor più ampia dovrebbe quella all'attacco legale di Google, che sarà annunciata lunedì prossimo: si parla di almeno trenta Stati, capitanati questa volta dal Texas del procuratore Ken Paxton, che ravvisano potenziali violazioni della legge antitrust. La memoria corre al 1998, quando venti procuratori si coalizzarono per ottenere da Microsoft una maggiore apertura del suo sistema operativo per Pc e del suo browser, allora dominante.
Oggi gli assi sui quali si incardina la battaglia legale sono la violazione della privacy degli utenti e il "soffocamento" della concorrenza. In pratica lo sfruttamento di una posizione dominante nel mercato per impedire a nuovi attori di farsi largo e per imporre condizioni sbilanciate verso il proprio tornaconto agli inserzionisti pubblicitari. "Useremo tutti gli strumenti investigativi a nostra disposizione per determinare se le azioni di Facebook hanno messo a rischio i dati dei consumatori, ridotto la qualità delle loro scelte o aumentato il prezzo della pubblicità", ha assicurato James.
Le società per ora non si sbilanciano, dicono di collaborare a tutti i livelli con le Autorità e ricordano che per loro investire in innovazione è fondamentale per non esser scalzati dal trono su cui si sono insediati, a testimonianza di come il loro mercato sia competitivo per definizione. Il terreno politico, però, sta franando sotto i loro piedi. "Bipartisan" è la cifra di queste iniziative legali statali, proprio mentre si scalda la corsa alle urne del 2020. Non a caso, i vertici di Facebook e Google hanno incontrato in questi giorni l'intelligence americana per fare il punto sulla sicurezza del voto e sulla piaga delle fake news. Anche presso l'opinione pubblica, sottolinea il Wall Street Journal che per primo ha dato la notizia, cresce il disincanto verso il mondo di Big Tech, sebbene tutti ancora pubblichino i loro post e interroghino il motore di ricerca della G per trovare soddisfazione alle proprie domande.
La battaglia degli Stati si somma al livello federale. New York aveva già aperto un fascicolo sul social di Mark Zuckerberg e sulla modalità di raccolta dei contatti e-mail degli utenti. A luglio, il Dipartimento di giustizia ha avviato una vasta indagine sulle prassi anticoncorrenziali di Big Tech. Le stesse Google e Facebook, ma anche Amazon e forse Apple sono gli indiziati principali. Anche la Federal and Trade Commission si sta muovendo, così come ha fatto la Commissione europea dall'altra parte dell'Atlantico, e anche l'agenda della Camera prevede audizioni sul tema. Con l'azione legale dei procuratori generali, le compagnie possono subire sanzioni e vedersi imporre nuove organizzazioni. Nell'armamento legale c'è anche la possibilità di imporre uno spezzatino, che per Facebook vorrebbe dire fare retromarcia dopo le maxi acquisizioni di WhatsApp e Instagram, che hanno amplificato la presenza della creatura di Mark Zuckerberg sul web.
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