Si può morire per una recensione? Una riflessione sulla ricerca della verità

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    L’uomo è una corda tra la bestia e il superuomo.

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    “Fede” significa non voler sapere quel che è vero.

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    Giovanna Pedretti, la ristoratrice finita in TV e sui giornali per aver risposto virtuosamente a una recensione omofoba, è stata trovata morta, probabilmente suicida. In pochi giorni era passata dallo status di eroina a quello di farabutta, accusata di essersi inventata tutto. La sua vicenda racconta del rapporto morboso, utilitaristico e scorretto che molti intrattengono con il concetto di verità.



    Un amico anni fa mi disse che la ragione per cui non seguiva persone particolarmente attive sui social - influencer, ma anche gente che cercava di emularli senza ricevere niente di materiale in cambio - risiedeva nella sensazione di disagio che provava di fronte alla loro solitudine. Il tono del mio amico non era né patetico né retorico: semplicemente, l'idea di affrontare quella compassione ogni giorno gli pesava.
    Me lo disse quattro anni fa, subito prima della pandemia che avrebbe poi esasperato e accresciuto il fenomeno degli influencer e del mercato ad esso legato e, sebbene al tempo serpeggiasse meno l'odio per la fama virtuale che oggi affiora negli stessi luoghi che la rendono possibile, un'ombra di biasimo - e di moralismo e di rancore - già si annidava nella mente di molti quando parlavano di coloro che tentavano di essere famosi, o che già lo erano diventati, grazie a Instagram. L'amico mi stupì: il suo mi parve un commento umano.

    Domenica è stata trovata morta Giovanna Pedretti, pare per suicidio, titolare della piccola pizzeria "Le Vignole" nel lodigiano.
    Nei giorni scorsi era stata al centro di una tempesta mediatica: aveva pubblicato sui social una sua risposta virtuosa a un commento omofobo di un cliente del suo ristorante e, dallo status di paladina per i diritti civili, è passata rapidamente a truffatrice quando, sempre sui social, è stato insinuato il dubbio che avesse architettato tutto, dal commento omofobo alla propria risposta, per ottenere celebrità e forse qualche cliente in più.

    Naturalmente nessuno sa perché le persone si ammazzano, le ragioni del suicidio sono per loro natura insondabili, ciò che può sortire un certo effetto su qualcuno può non farlo su qualcun altro (le persone sono più o meno resilienti, termine tecnico che si riferiva in psicologia alla capacità di certi individui che provenivano da ambienti davvero duri o che avevano attraversato traumi complessi di reagire elasticamente alle proprie esperienze e che, nel lessico comune, è stato logorato da usi melensi), ma è altrettanto sensato tenere a mente che, nella maggior parte dei casi, soprattutto online, uno non sa chi ci sia dall'altra parte.
    Non solo: forse come struttura di pensiero e sentimento, sarebbe auspicabile che tutti noi, rivolgendoci a chicchessia, lo facessimo assumendo che questo sia vulnerabile, anche qualora le nostre ricerche future ci dovessero portare a conclusioni opposte.

    Certo, quando dall"altra parte c'è qualcuno di indiscutibilmente potente, che ha commesso una truffa di natura economica grazie alla propria influenza, una truffa legalmente perseguibile, pur essendo grata di non sentirmi in dovere di indagare, denunciare e punire presunte azioni illegali altrui, ovviamente non solo ha senso farlo, ma è anche previsto che lo si faccia: abbiamo designato ruoli professionali e civili affinché certe storie vengano fuori e, altrettanti, perché vengano giudicate e riabilitate.

    le-vignole-post-su-fb

    Ma se dall'altra parte non c'è reato, al limite un gesto maldestro per avere due clienti in più in una pizzeria di provincia o per sentirsi amati per ventiquattro ore, ha ancora senso cercare la verità? La verità basta a se stessa a prescindere dalle conseguenze che la sua ricerca può sortire? E se anche la risposta dovesse essere affermativa, ha senso che questa verità sia strillata sui social, dove ci comportiamo come una marea, le cui onde violente si abbattono e si ritirano nell'arco di ventiquattro-settantadue ore sul malcapitato di turno?

    La verità, certo, è un valore assoluto, come la giustizia e la bellezza, valori non-umani nella loro purezza e che, come raccontava Simone Weil, trascendono il potere degli uomini e si stagliano oltre l'orizzonte di ciò che ci è possibile comprendere davvero. La verità in questo senso ha una sua forza sovrumana, che in certi casi anima chi la cerca e chi per essa lotta, come nel caso di Ilaria Cucchi e tanti altri.
    È una verità morale e non moralistica, una verità che non ha nulla della patina estetica e un po' meschina di cui si ammanta chi, sempre più spesso, cerca di spacciare per ricerca di verità la propria recita sociale.

    Inoltre, chi di mestiere cerca la verità, dovrebbe, nel migliore dei casi, aver ragionato sull'etica che il proprio mestiere gli impone. Invece, in questa storia e in molte altre, è la chiostra del ruolo a non esistere più: chi cerca la verità sui social, spesso di mestiere fa tutt'altro: cucina, giardinaggio, occupazioni impiegatizie di varia natura; impieghi dignitosissimi, ma che non hanno richiesto il percorso etico e deontologico che altri tipi di lavori comportano.
    Così si scagliano parole false volte a svelare un'altrettanta falsa verità a un pubblico, e poi a dei media, che non si curano di capire se ciò che hanno di fronte sia vero o sia falso, e se, soprattutto, oltre a una verità superficiale, come lo può essere l'autenticità di uno screenshot di una recensione su google, non ne esista un'altra, molto più semplice, molto più umana: una signora che gestiva una pizzeria di provincia si è, forse, inventata uno scambio in cui apparire buona, per sentirsi più amata o far venire due clienti in più nella pizzeria del lodigiano.

    Qual è la differenza tra noi e la signora nel caso quello screenshot sia falso? La signora ha attraversato un confine che noi il più delle volte non attraversiamo, che è quello della menzogna, ma l'impulso che spinge qualcuno a pavoneggiarsi è sempre lo stesso: c'è chi è più bravo a sparigliare le carte, e chi per soddisfare lo stesso bisogno talvolta mente. Non è l'azione stessa del postare un oggetto che fa apparire virtuosi, vero o falso che sia, a rivelare la verità innegabile dell'impulso che ci accomuna tutti? Non è, pur senza superare quel confine, ciò che facciamo tutti i giorni quando qualcuno ci complimenta e vogliamo farlo sapere agli altri? Non esprime il bisogno di essere amati, di essere comprati, di essere frequentati? Non è poi quello che fanno, tutti i giorni, sui loro canali, le persone che questa donna l'hanno condannata? Non è quello che facciamo tutti?
    E se mentissimo su questi complimenti, questa menzogna non esprimerebbe con ancora più vigore il nostro bisogno?

    A me pare, qualche volta, che sia questa "ricerca di verità" a svelare più di ogni altra cosa ciò che le persone che la interpretano sono realmente e, visto che la verità tende a non farsi vedere da chi la brandisce come scusa per soffocare le proprie responsabilità, forse queste persone neanche lo sanno.

    Fonte: Lucy sulla cultura
     
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    (annoyed grunt)

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    Che schifo.
    E poi mi vanno a dire che il cliente ha sempre ragione.
     
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    Tonno Master ..dalle lande meridionali

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    Una riflessione interessante ma che non riesco a condividere.
    Mi spiego facendo prima una premessa.
    Appurato che la verità vada sempre ricercata, e che esistano menzogne e menzogne, viviamo in un'epoca dove mezzi come internet, pur essendo gestiti da milioni di esseri umani per altrettanti esseri umani, si muovono quasi come fossero un'entità unica, prevedibile ed inesorabile.
    Molti di noi, esseri umani sensibili, proprio negli ultimi tempi stiamo combattendo delle lotte per sensibilizzare il prossimo su argomenti importanti come razzismo, sesso ed il rispetto per il prossimo, ma paradossalmente, internet, quel mezzo asciutto in cui appariamo solo come avatar digitali, è oramai diventato l'indice dell'essenza stessa degli esseri umani, un luogo dove potersi sfogare, un luogo dove essere sé stessi è facile e gratis, ed è proprio grazie alla libertà di essere sé stessi che le oppressioni della vita quotidiana reale trovano sfogo.

    Trovo che la ricerca della sensibilità su internet, ad oggi, sia ancora un traguardo molto molto lontano, e la causa sono i tempi che viviamo, la sempre verde ignoranza, e soprattutto la mancanza di limiti dovuta immagino al fatto che il mezzo internet sia relativamente recente.
    Voglio essere positivo e pensare che in futuro anche tizio anonimo a caso ci pensi due volte prima di augurare chissà quale male al prossimo per chissà quale turba mentale sua, ma come detto siamo lontani, del resto la sensibilità è un qualcosa che alcuni hanno più di altri, vero, ma è anche un qualcosa che si può allenare e sviluppare, contrariamente a quanto si possa pensare penso che le nuove generazioni faranno la differenza in positivo in tal senso, e lo dico proprio alla luce delle lotte che noi popoli occidentali stiamo affrontando in tal senso.
    Tuttavia ad oggi penso sia inutile pretendere il rispetto da chi neanche sa cosa voglia dire, inutile punire un ignorante che non sa di esserlo.

    Mi rendo conto che questa suoni come una giustificazione al marasma di merda che è l'internet arrabbiato, ma semplicemente, è la conseguenza dei tempi che viviamo, da una parte illuminante, dall'altra parte quasi medioevale.

    Qui posso ricollegarmi alla tua riflessione, perché consci del fatto che internet sia il posto che è, chi cerca la verità deve chiedersi se valga la pena mettere alla gogna qualcuno, e come dici, costruirsi una figura su internet, in questo caso di debunker va ben oltre condannare qualcuno per aver rubato delle caramelle. Tuttavia questo tipo di riflessione dovrebbe farla anche chi, in primo luogo, decide furbescamente di sfruttare l'ignoranza altrui per il proprio tornaconto.

    Dispiace molto sentire (almeno così si pensa) che questa donna si sia tolta la vita per la shitstorm ricevuta, probabilmente di mezzo c'era dell'altro, probabilmente questa shitstorm è arrivata nel momento sbagliato, probabilmente non pensava che avrebbe ricevuto una tale risonanza, tuttavia una azione iniziale c'è stata. Quindi la colpa qui di chi è concretamente? Di chi ha inventato una storia per denaro? Di chi riporta le storie per denaro? Di chi cerca la verità nuda e cruda a prescindere da tutto, sempre per denaro? Spiace dirlo, ma questa è una storia di sciacalli che mangiano altri sciacalli, il meno furbo ha la peggio, e purtroppo stavolta è toccata a questa povera donna, perché povera lo è a prescindere dalle intenzioni iniziali, nessuno dovrebbe arrivare anche solo a pensare di togliersi la vita perché individui senza faccia su internet vomitano odio, ma tant'è, eccoci qua di nuovo.
     
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    La Ragazza Gatto

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    Purtroppo ancora una volta ci troviamo di fronte ad un caso che solleva tanti punti: in primis, su quanto la mente umana riesca a cambiare idea con una facilità impressionante, giudicando certe cose con una fretta non necessaria e soprattutto come se le persone non avessero più propri credi, convinzioni e/o principi, facendosi andare bene qualsiasi cosa.
    Secondo, l'ipocrisia della gente: scommetto che molti di quelli che le hanno sputato veleno per quella recensione giudicata falsa sono le stesse che mesi prima la idolatravano per il suo coraggio nel mettere in riga una persona sicuramente dannosa per la società. E adesso che fanno? Se la prendono con coloro che hanno giudicato la recensione falsa perché la loro idea ha portato quella persona alla morte (solo per questo, se no avrebbero continuato a pensarla in quel modo); un'azione che sicuramente gli serve solamente per lavarsi la coscienza, in quanto anche loro sono "complici" per aver alimentato l'odio nei confronti di quella povera donna che tutto sommato non aveva fatto nulla di male.
    Anche se lo avesse fatto solo per attirarsi qualche cliente in più, non ha comunque fatto del male a nessuno. C'è gente che fa ben di peggio, eppure nessuno gli punta il dito e lo mette alla gogna come potrebbe anche meritarsi. E questo solleva un altro punto: il come sia facile prendersela con chi non può difendersi, mentre con chi bisogna davvero ribellarsi ci si comporta come codardi.
    Inoltre, tutto ciò continua ad alimentare una mia idea sulle persone che niente mi farà togliere dalla testa: ovvero che il genere umano ha la naturale predisposizione all'utilizzo sbagliato di qualsiasi tipo di invenzione, che sia Internet od oggetti di uso quotidiano.
     
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3 replies since 17/1/2024, 12:00   155 views
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